Ricorso ex art. 127 Costituzione del  Presidente  del  Consiglio
dei  ministri  pro  tempore,   rappresentato   e   difeso   ex   lege
dall'Avvocatura  Generale  dello  Stato   (c.f.   80224030587;   pec:
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it ; fax 06/96514000)  presso  i  cui
uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, e' domiciliato per legge; 
    Contro la Regione Molise, in persona del Presidente della  Giunta
regionale in carica, con sede in Campobasso, via Genova n. 11, per la
dichiarazione di  illegittimita'  costituzionale  degli  articoli  3,
comma 2 e 6, comma 2 della legge Regione Molise 10 dicembre 2018,  n.
9, recante «Istituzione di una  Commissione  consiliare  speciale,  a
carattere temporaneo,  di  studio  sul  fenomeno  della  criminalita'
organizzata in Molise», pubblicata nel Bollettino Ufficiale Molise 15
dicembre 2018, n. 64, per violazione dell'art.  117,  secondo  comma,
lettera h) della Costituzione e cio' a  seguito  ed  in  forza  della
delibera di impugnativa assunta  dal  Consiglio  dei  Ministri  nella
seduta del 7 febbraio 2019. 
    In data 15 dicembre 2018, nel Bollettino Ufficiale della  Regione
Molise n. 64, e' stata pubblicata la legge  regionale  n.  9  del  10
dicembre 2018 recante  «Istituzione  di  una  Commissione  consiliare
speciale, a  carattere  temporaneo,  di  studio  sul  fenomeno  della
criminalita' organizzata in Molise». 
    Con  tale  legge  la  Regione  Molise   intende   istituire   una
Commissione consiliare speciale, a carattere  temporaneo,  di  studio
sul fenomeno della criminalita' organizzata in Molise. 
    Piu' in dettaglio, il provvedimento  istituisce  una  Commissione
speciale, a carattere temporaneo, avente l'obiettivo di  approfondire
la conoscenza del fenomeno mafioso, corruttivo e  criminale,  nonche'
di adottare le iniziative che ne stimolino la riprovazione sociale  e
rafforzino la cultura della legalita' e il rifiuto di ogni  attivita'
malavitosa. 
    Tale  legge  regionale   presenta   aspetti   di   illegittimita'
costituzionale con riferimento agli articoli 3, comma 2 e 6 comma  2,
che risultano  invasivi  della  competenza  riconosciuta  allo  Stato
dall'art. 117,  secondo  comma,  lettere  h)  della  Costituzione  in
materia di ordine pubblico e sicurezza. 
    Pertanto, le disposizioni  della  legge  regionale  summenzionate
sono costituzionalmente illegittime e, giusta determinazione  assunta
dal Consiglio dei ministri nella seduta del  7  febbraio  2018,  sono
impugnate per i seguenti 
 
                          MOTIVI DI DIRITTO 
 
    Illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 2,  e  dell'art.
6, comma 2, della legge Regione Molise 10 dicembre 2018,  n.  9,  per
violazione  dell'art.  117,   secondo   comma,   lettera   h)   della
Costituzione. 
    La legge regionale in esame istituisce una Commissione  speciale,
a  carattere  temporaneo,  avente  l'obiettivo  di  approfondire   la
conoscenza del fenomeno mafioso, corruttivo e criminale,  nonche'  di
adottare le iniziative che ne stimolino  la  riprovazione  sociale  e
rafforzino la cultura della legalita' e il rifiuto di ogni  attivita'
malavitosa. 
    L'art. 3 di tale legge - intitolato «Compiti e finalita'» dispone
che la suddetta Commissione consiliare speciale  «ha  come  finalita'
quelle dell'approfondimento della conoscenza del fenomeno mafioso, di
quello corruttivo e criminale e dell'adozione di  iniziative  che  ne
stimolino la riprovazione sociale e rafforzino  altresi'  la  cultura
della legalita' con il rifiuto di ogni attivita' malavitosa». 
    In particolare, il comma 2 di tale articolo prevede che  «a  tali
fini  la  Commissione  ha  compiti  di  analisi  delle  azioni  della
criminalita' organizzata, specie quelle connesse, in tema ambientale,
alla gestione dei rifiuti, alle cosiddette  ecomafie  e  agromafie  e
alle attivita' criminali di usura, riciclaggio, corruzione in appalti
pubblici e privati e di «voto di scambio». 
    E  l'art.  6,  comma  2,  della  stessa  legge  Regione   Molise,
intitolato «Facolta' di richiedere audizioni e  acquisire  documenti»
dispone «le informazioni e i documenti  inerenti  alla  giurisdizione
penale devono essere richiesti, con istanza motivata,  esclusivamente
e direttamente all'autorita' giudiziaria». 
    Come noto, la promozione della legalita',  in  quanto  funzionale
alla  diffusione  dei  valori  di  civilta'  sui   quali   si   fonda
l'ordinamento democratico, non  costituisce  un  autonomo  titolo  di
competenza nel riparto della funzione normativa tra Stato e  Regioni,
ma indica, piuttosto,  una  modalita'  di  esercizio  della  funzione
pubblica, trasversale ai diversi livelli di legislazione e di governo
(cfr., Corte costituzionale n. 35 del 2012). 
    Codesta ecc.ma Corte ha  ripetutamente  affermato  «che  l'ordine
pubblico e  la  sicurezza,  ai  fini  del  riparto  della  competenza
legislativa, hanno per oggetto le «misure inerenti  alla  prevenzione
dei reati o al mantenimento dell'ordine pubblico»  (sentenza  n.  407
del 2002; sentenza n. 35 del 2011, n. 226 del 2010, n. 50  del  2008,
n. 222 del 2006, n. 428 del 2004)» (sent. n. 35 del 2012). 
    Ne consegue che l'adozione da parte del legislatore regionale  di
misure volte a prevenire i  rischi  di  infiltrazione  criminale  nel
tessuto socio-economico della regione e a contrastarne il radicamento
non rappresenta di per se' un'indebita intromissione nella  sfera  di
competenza statale, costituendo  la  promozione  della  legalita'  un
obiettivo comune all'attivita' di tutti i soggetti istituzionali. 
    In ogni caso,  comunque,  l'indagine  deve  essere  condotta  con
riferimento alla specifica materia sulla  quale  la  legge  regionale
incide, onde appurare la sussistenza di eventuali sovrapposizioni con
la normativa statale; a tal fine, occorre tener  conto  dell'oggetto,
della ratio e della finalita' della disciplina prevista dalle singole
disposizioni  della  legge  regionale,  «tralasciando   gli   aspetti
marginali e gli effetti riflessi, cosi' da identificare correttamente
e   compiutamente   anche   l'interesse   tutelato»   (cfr.,    Corte
costituzionale 14 luglio 2016, n. 175; 9  luglio  2015,  n.  140;  11
giugno 2014, n. 167). Alla luce di quanto sopra  esposto,  l'art.  3,
comma  2,   summenzionato,   presenta   aspetti   di   illegittimita'
costituzionale nella parte in cui dispone che la  citata  Commissione
speciale «ha compiti  di  analisi  delle  azioni  della  criminalita'
organizzata,  specie  quelle  connesse,  in  tema  ambientale,   alla
gestione dei rifiuti, alle cosiddette ecomafie  e  agromafie  e  alle
attivita' criminali di  usura,  riciclaggio,  corruzione  in  appalti
pubblici e privati e di voto di scambio». 
    Infatti, lo svolgimento di tale «attivita' di  analisi»  potrebbe
interferire con la disciplina statale di  prevenzione  e  repressione
dei reati, anche in considerazione dell'ulteriore previsione  di  cui
all'art. 6, comma 2, che attribuisce  alla  medesima  commissione  la
facolta' di  richiedere,  con  istanza  motivata,  «esclusivamente  e
direttamente all'autorita' giudiziaria»  informazioni  e  non  meglio
precisati «documenti inerenti alla giurisdizione penale». 
    Codesta ecc.ma Corte, con la sentenza n. 35 del 2012 ha affermato
che «la promozione della legalita', in quanto  tesa  alla  diffusione
dei valori di civilta' e pacifica  convivenza  su  cui  si  regge  la
Repubblica, non e'  attribuzione  monopolistica,  ne'  puo'  divenire
oggetto di contesa tra  i  distinti  livelli  di  legislazione  e  di
governo; e' tuttavia necessario che misure predisposte a  tale  scopo
nell'esercizio di una competenza propria della Regione, non  generino
interferenze,  anche  potenziali,  con  la  disciplina   statale   di
prevenzione e repressione dei reati» (sentenza n.  55  del  2011;  da
ultimo, sentenza n. 325 del 2011). 
    E, di recente, codesta Ecc.ma Corte, con la sentenza n.  208  del
2018, ha richiamato la piu' volte citata sentenza n. 35 del 2012  nel
senso, lo si ripete, che la disciplina di  un'attivita',  per  quanto
connessa al contrasto di fenomeni criminali,  puo'  venire  assegnata
alla legge regionale se e'  «tale  da  poter  essere  ricondott(a)  a
materie o funzioni di  spettanza  regionale  ovvero  a  interessi  di
rilievo regionale» (sentenza  n.  35  del  2012,  con  richiamo  alla
senterka n. 4 del 1991); ma e' necessario «che le «misure predisposte
a tale scopo nell'esercizio di una competenza propria  della  Regione
[...] non costituiscano strumenti di politica criminale; ne', in ogni
caso, generino interferenze,  anche  potenziali,  con  la  disciplina
statale di prevenzione e repressione dei reati» (sentenza n.  35  del
2012, con richiamo alle sentenze n. 325 del 2011 e n. 55 del 2001)». 
    Pertanto, le disposizioni di cui all'art. 3, comma 2 e 6, comma 2
della legge regionale, esorbitando da tali limiti, invadono la  sfera
di  competenza  legislativa  dello  Stato,  ponendosi  in  contrasto,
quindi,  con  l'art.  117,   secondo   comma,   lettera   h),   della
Costituzione, che attribuisce allo Stato  la  competenza  legislativa
esclusiva in materia di ordine pubblico e sicurezza.